TUTTO SULLA WANDISSIMA NEL LIBRO DI ROBERTA MARESCI

WANDA OSIRIS

LA COPERTINA DEL LIBRO DI ROBERTA MARESCI


VITA MORTE E MIRACOLI DELL'ULTIMA "REGINA D'ITALIA"
“WANDA OSIRIS 
PRIMA SOUBRETTE E DONNA (CON)TURBANTE”



DI GABRIELLA SASSONE

Per la serie non ci sono più le soubrette (quelle vere, fresche&toste, altro che il Bagaglino!) di una volta, è arrivato in tutte le librerie il nuovo lavoro di Roberta Maresci, dedicato alla Wandissima. A vent’anni dalla sua scomparsa, vita morte e miracoli della dea che scendeva dalle scale in questa biografia romanzata, tra paillettes, varietà e rose Baccarat, che la diva comprava da sola a sue spese e cospargeva di profumo Arpège. Ecco a voi "Wanda Osiris - Prima soubrette e donna (con)turbante"Cavinato Editore, euro 12. 
E' l’unico lavoro dedicato a questo strano caso d’artista, che non eccelleva in campi specifici se non in quel modo studiatissimo di arrotare e ampliare le parole in cui solo Tina Lattanzi le stava al passo. La Osiris, al secolo Anna Maria Menzio, nata a Roma il 3 giugno del 1905, che scelse il suo cognome d’arte “egizio” dal matrimonio Iside e Osiride, fu un effetto speciale dello spettacolo. “Donna da spolvero” nel 1937, cantava d’amore e fece ridere accanto Totò, Bramieri e Vianello. Si ossigenò i capelli e inaugurò la moda del turbante ma soprattutto vantò in sala spettatori e fans eccellenti: Mussolini scese da una carrozza a Riccione per farle i complimenti, De Pisis le dedicò un ritratto mentre De Chirico le scarabocchiò un profilo su una tovaglia.
Non fu ballerina, ma eccelleva nel “birignao”. Voleva fare il teatro, studiò il violino ma le bastava camminare per incantar tutti. Figlia del palafreniere battistrada di Umberto I, tale fu la sua fama che per lei venne coniato un superlativo assoluto, fino ad allora riservato agli aggettivi, e diventò “la Wandissima”. Memorabile il grande sodalizio con Macario e Dapporto. Religiosa e superstiziosa, non sopportava il colore viola e gli uccelli, neppure di stoffa. Ma perché Anna Maria Menzio all’apice del successo, uscì di scena e scese un’ultima volta la copia della scala del Vittoriale e Notre Dame, per tornare a vivere una vita normale con il suo vero nome?
Ce lo svela la Maresci, classe 1971, giornalista e scrittrice con 12 libri all'attivo, tra cui per la collana "Donne nel mito" di Gremese-Diva Universal, le biografie cult “Raffaella Carrà”, “Maria Callas” e “Mina”. 


WANDA STYLE in un ABBECEDARIO

A - Adozione = «Chi non sa fare, non sa comandare», amava ripetere soprattutto quando sognava un futuro per quei suoi “figli celati”, quei tanti bambini “adottati di nascosto” cui rendeva possibile una cura, l’istruzione o un abito che li riscaldava. Erano figli adottati. Erano i bambini dell’ospedale di Mongà in Costa d’Avorio dove c’è una targa che ricorda la Osiris.
BBoys & girls = Alberto Lionello, Raimondo Vianello, Nino Manfredi, Elio Pandolfi e Renato Rascel li scelse personalmente con una selezione severissima. Le donne dovevano essere belle e alte, aver gambe lunghe e vita da vespa. I boys invece li preferiva con l’aria un po’ ambigua. Avevano un ruolo preciso: dovevano rappresentare i guardiani dell’harem straordinario.
CCamminata = «Avevo una forma d’indolenza strana, camminavo col ventre in fuori e un accentuato dondolio dei fianchi», ha ammesso la divina. Anche per la strada. «Portavo scarpe impossibili, con dieci centimetri di tacco, tenevo 3-4 crinoline sotto l’abito, il viso coperto da un trucco inimmaginabile». E portava stivaletti che le affusolavano la gamba. A quei tempi, anche la sua “caviglia forte” era gettonatissima.
G Gradini = La rivoluzione avvenne in«Tutte donne», nel 1939, dove comparve la prima, vera, scala di venti gradini. La rivista era sontuosa e spettacolare, Wanda usciva da un enorme astuccio di profumo. Una volta scese perfino da un’altalena tra un tulle di polvere d’argento, un’altra arrivava come il sole, vestita di paillettes d’oro, un’altra ancora se ne andava in giro domando uno strascico che un critico definì “chilometrico”, dato che copriva il palcoscenico e parte dell’orchestra sotto i 36 metri di diametro del suo vestito.
I Icona = Icona della stagione cinematografica dei “telefoni bianchi”, rimangono leggendarie, nei suoi spettacoli, le folle di giovanotti che facevano il diavolo a quattro per entrare al Lirico o al Mediolanum e, estasiati, l’ammiravano, si prendevano perfino a pugni per vederla da vicino, facevano l’una di notte per seguirla negli spettacoli e poi tornavano a casa, a piedi, perché di altri soldi da spendere non ce n’erano. Ma Wanda fu anche altro: fu soprattutto una portatrice sana di desideri e sogni più grandi dell’immaginabile.
M Moda = Fece nascere il Wanda-style, rendendo il suo corpo del tutto artificiale: dalla punta dei piedi (34 e ½) alla cima della testa, tutto tinto di un’ocra molto innaturale alla ricerca dell'effetto esotico, il turbante e i capelli decolorati (fu la prima ad ossigenarli), gli abiti fuori moda, amplissimi e sostenuti da crinoline, il rituale delle rose profumate di Arpège. «Se avevo un vestito viola, mi dipingevo le unghie di viola (allora non ero ancora superstiziosa), se l’avevo verde le unghie erano verdi. Poi mi mettevo grandi gioielli finti», ha detto la soubrette che si presentava così: come un soprammobile che alludeva a una sessualità decorativa, senza turbamenti. Un’icona della donna oggetto, non a caso amatissima dalla cultura omosessuale.
S Superstiziosa = «L'ultima regina d'Italia», come la definì il giornalista Indro Montanelli, riteneva concluso l’appuntamento con la scaramanzia solo dopo una lunga sosta a Milano, in via Pattari: dal parrucchiere. Poi di corsa a casa, per gli ultimi tocchi prima di arrivare finalmente a teatro. Alle ore 21 si alzava il sipario e, come solo le divine di un tempo sapevano fare, la Wandissima si trasformava da schiva, elegante signora gelosissima della sua privacy, nell’incarnazione del sogno dell’immaginario collettivo.



LA WANDISSIMA


WANDA OSIRIS E MACARIO


WANDA OSIRIS BRINDA




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